giovedì 5 agosto 2010

• Calcio a pranzo


Sul MESSAGGERO del 3 agosto 2010 leggo: CALCIO A PRANZO - “ Monsignor Mazza ai microfoni di Radio Vaticana: «Domenica snaturata, deleterio per le famiglie» Si tratta di una vera invasione di campo.” Aggiunge: “ questa situazione, che in qualche modo lede quello che è un minimo di stile familiare, cioè lo stare insieme, come può essere il pranzo, il sedersi a tavola, il ritrovarsi con i familiari ma anche con gli amici ed i parenti». «La famiglia - ha aggiunto - è uno snodo importantissimo, non possiamo “svenderlo” ad altri eventi, a meno che non siano eventi eccezionali».

«Lo spostamento delle partite al sabato ed anche alla domenica, questo spalmare il calcio sul tempo dell’uomo e sul tempo della domenica credo - ha ribadito - sia una forzatura. Direi, allora, che occorre, anche qui, riprendere in mano il senso profondo dei valori veri dell’uomo, della famiglia, del calcio e di tutto quello che è la nostra civiltà italiana. Bisognerà ripensare a fondo, perchè se tocchiamo la Domenica, che è il giorno più bello, più elevato, più ricco di significati ed anche più disponibile all’umano, dove vogliamo arrivare, poi, con la nostra società e con il nostro modo di vivere insieme?».

A me pare che questo supplemento di attenzione alla mercificazione anche del nostro tempo (ordinario e festivo) sia francamente tardivo.Sono ormai decenni che senza avere opposto la resistenza della ragione abbiamo lasciato smantellare il sistema orari che regolava l'iter familiare e lo svolgersi della società. Abbiamo consentito che saltassero alcune festività tradizionali.

Ricordate? Anni ’80. La Befana (o Epifania, se più piace) fu abolita e poi ripristinata, non tanto per rispetto di un ulteriore momento di celebrazione (tutta della tradizione italiana) dell'unità familiare in Cristo quanto per motivi di rafforzamento del sistema vacanziero e commerciale. Oggi. In nome della flessibilità d'impiego dello ‘strumento’ uomo nel lavoro a tempo più pieno possibile (cogliendo occasione dalla globalizzazione di produzione e servizi) si è spinto - e si spinge acriticamente - per l'occupazione femminile (purchessia!), per le turnazioni a copertura di 24 ore di resa, per l'apertura a tutto campo dei punti vendita e degli uffici di servizio. Si spinge per l'indebolimento di ruolo e finanziario per chi è in pensione, creando un problema in più per la riorganizzazione dei ruoli nell'unità familiare. Si è affermata una calendarizzazione di ogni evento sportivo in modo da sollecitare drenaggi finanziari (più o meno televisivi) e far sostituire festività - di ogni tipo e richiamo - con icone consumistiche, esaltando ogni forma di mercimonio (festa dei babbi, delle mamme, dei nonni, di 'babbi natale’ o ‘babbi gelo’ secondo i gusti).

Che si prenda finalmente coscienza di quanto accaduto e sta accadendo, è importante. Che ci si arrenda ad una cultura edonistica e individualista (in nome di un libero mercato fasullo) è inaccettabile.

È urgente che recuperiamo la cultura che rimetta al centro l'uomo ed il nucleo familiare, ma per tutto questo occorre una strategia condivisa che al momento non c’è e non la si ricerca. Lamentazioni da vegliardi servono a poco!

Ben venga perciò una campagna costante, anche mediatica, che pur tenendo conto dei mutamenti intervenuti riproponga una cultura family-centrica ed una robusta rinfrescata delle relazioni familiari. Le ragioni di una banca o di un finanziere non possono prevalere sull'organizzazione delle comunità, rafforzando servitù irragionevoli ed autodistruttive.




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