giovedì 30 luglio 2009

• Perbenismo e senso civico


Su FOGLIO di oggi si legge:«C’è una certa coerenza, in realtà, tra l’esaltazione del moralismo rivolto a comportamenti individuali e la critica serrata a interventi che portino una concezione morale della vita e della morte nel discorso pubblico. E’ un modo di ricacciare il sentimento religioso nella pura dimensione privata, nella deprecazione della decadenza dei costumi, che si esprime come sentimento individuale. Il clericalismo, inteso come instrumentum regni, in fondo è proprio questo, ed è alleato stretto di quell’anticlericalismo che si presenta come il suo opposto. Ambedue relegano sullo sfondo la battaglia culturale per l’affermazione nel confronto pubblico di principi che hanno radici nella visione cristiana, in modo da non disturbare il manovratore.» Quello descritto è certamente uno degli aspetti del quadro 'culturale' attuale. Denuncia che l'individualismo assunto a sé stante (tanto aborrito e denunciato, soprattutto dalla Dottrina Sociale della Chiesa) è penetrato nella struttura 'culturale' anche del popolo di Dio, cioè della Chiesa, e sta rischiando di deformarne i comportamenti d'insieme (Come leggere certe prese di posizione ‘buoniste’ nella vicenda delle escort?). In certi ambienti laicisti, non ci si vuol rendere ancora conto che individuo e persona sono due espressioni che indicano qualità e spessore del tutto diversi. » Su alcuni giornali, esplicitamente controllati dall'attuale gruppo di potere berlusconiano, si parla di 'vita spericolata' del presidente del consiglio letto come un individuo occasionalmente gaudente (È un maschio', che diamine!) che intende la 'confessione' (quando proprio non se ne può fare a meno!) come un momento accidentale che lava la coscienza confondendo il pentimento con la cancellazione formale del peggio che si è combinato o tollerato. Si considera una cosa 'normale' una mentalità che accetta la 'cultura' dei cosiddetti film leggeri dei Pierino o dei De Sica figlio. Se fosse così vero, è proprio un caso che - proprio in tale scenario - in questi giorni si cerca di completare il controllo della 'cultura' RAI di massa - cioè Rai fiction - al controllo del potere che induce e condiziona la lettura del fenomeno politico? Sembra a qualche compilatore di articoli ‘non moralistici’ e frequentatore di piacevoli conversari del bar elegante vicino a casa o in Centro città, che chi fa certe osservazioni e chiede alcune spiegazioni non banalizzanti sia un “bacchettore” così come lo è chi non accetta certi compromessi morali e culturali qualificandolo, sulla base del suo metro, come un incapace e un imbecille. Gli farà piacere saperlo (supposto che abbia voglia di andare al di là dei sondaggi occasionali) anch’io sono uno di quelli e non me ne pento!

mercoledì 29 luglio 2009

: «Se vuoi coltivare la pace, custodisci il creato»



Il messaggio di Benedetto XVI per la Giornata mondiale della pace, che si celebrerà il 1 gennaio 2010, sarà dedicato al tema: "Se vuoi coltivare la pace, custodisci il creato". Il tema scelto dal Papa intende sollecitare una presa di coscienza dello stretto legame che esiste nel nostro mondo globalizzato e interconnesso tra salvaguardia del creato e coltivazione del bene della pace. Tale stretto e intimo legame è, infatti, sempre più messo in discussione dai numerosi problemi che riguardano l'ambiente naturale dell'uomo, come l'utilizzo delle risorse, i cambiamenti climatici, l'applicazione e l'uso delle biotecnologie, la crescita demografica. Se la famiglia umana non saprà far fronte a queste nuove sfide con un rinnovato senso della giustizia ed equità sociali e della solidarietà internazionale, si corre il rischio di seminare violenza tra i popoli e tra le generazioni presenti e quelle future. Seguendo le preziose indicazioni della lettera enciclica Caritas in veritate, (48-52) il
messaggio papale sottolineerà l'urgenza che "la tutela dell'ambiente deve costituire una sfida per l'umanità intera: si tratta del dovere, comune e universale, di rispettare un bene collettivo", destinato a tutti, impedendo che si possa fare impunemente uso delle diverse categorie di esseri come si vuole. È una responsabilità che deve maturare in base alla globalità della presente crisi ecologica e alla conseguente necessità di affrontarla globalmente, in quanto tutti gli esseri dipendono gli uni dagli altri nell'ordine universale stabilito dal Creatore. Se si intende coltivare il bene della pace, si deve favorire, infatti, una rinnovata consapevolezza dell'interdipendenza che lega tra loro tutti gli abitanti della terra. Tale consapevolezza concorrerà a eliminare diverse cause di disastri ecologici e garantirà una tempestiva capacità di risposta quando tali disastri colpiscono popoli e territori. La questione ecologica non deve essere affrontata solo per le agghiaccianti prospettive che il degrado ambientale profila: essa deve tradursi, soprattutto, in una forte motivazione per coltivare la pace.

(©L'Osservatore Romano - 30 luglio 2009)

domenica 12 luglio 2009

• "La domenica è un bene per l'uomo"

Benedetto XVI domenica 12 luglio ha chiesto a credenti e non credenti di rispettarne il valore.
Ha esortato a non perdere il senso della domenica, sia per i credenti che per i non credenti, perché questa rappresenta "un bene per l'uomo".
Il Pontefice ha toccato l'argomento dal momento che in Europa si moltiplicano le proposte di estendere il lavoro domenicale, a partire dai negozi e dai grandi magazzini.
"La domenica è un bene per l'uomo - ha affermato il Santo Padre -. In effetti, questo giorno santo è per i cristiani un giorno di preghiera che permette loro di recuperare le energie spirituali e sostenere la propria vita con l'ascolto e la meditazione della Parola di Dio, nutrendosi del Corpo di Cristo". "La domenica è allo stesso tempo un giorno di riposo e di relax meritati, per stare in famiglia o tra amici". "Esorto ciascuno a vivere questo momento di grazia che è il riposo domenicale!", ha concluso.
Quindi la domenica (Dies dominicus) è un momento centrale per l'Uomo in generale, per il cristiano in particolare. Un importante momento di incontro tra non credenti e credenti.
Non solo. Nell'intervento richiestogli in occasione della livornese coppa remiera Barontini il vescovo emerito di Livorno
, mons. Alberto Ablondi, rivolgendosi agli uomini e alle donne del lavoro ha allargato l'orizzonte sottolineando: «Lasciate che la vostra libertà diventi anche un compito e un dovere della Chiesa che si sente impegnata ad aiutarvi a crescere nella libertà. Questo voglio dimostrarvelo con un esempio storico. Avete mai pensato perché la Chiesa nel passato ha istituito tante feste di precetto che comportavano la proibizione del lavoro? In quell'epoca, il salario del lavoratore veniva misurato su quanto era necessario per mantenersi in vita, le feste di precetto, con la proibizione del lavoro, costringevano così il padrone a mantenere l'operaio anche quando non lavorava. Ho citato questo esempio perché la Chiesa, oggi come allora, sappia con la sua catechesi scoprire le vie, in cui è carità andare incontro ai bisogni, ma anche sappia impegnare le sue energie con l'esempio e la dottrina per realizzare l'autentica giustizia, che è premessa e condizione di libertà.» È certamente un caso, ma non posso non rilevare che la recente enciclica di Benedetto XVI è intitolata: «Charitas in veritate» e che il cammino indicato dal vescovo Alberto per la sua missione episcopale è: «Veritas in Charitate». Approcci diversi ad uno stesso percorso.

• Responsabilità non paternalismi

Non c'è dubbio che anche una goccia d'acqua nel mar Morto può significare una vita in più. Non c'è anche dubbio che 20 miliardi di dollari sono tanti di fronte alle chiacchiere ed alle promesse a vuoto fatte finora. Ma sempre di elemosina e non di carità si tratta (anche se stavolta sembra che si voglia parlare anche dei criteri di gestione di quei dollari). Si tratta di flash d'attenzione rispetto a progetti di avvio a risanamento mirati e possibili o ai genocidi perpetrati in aree come il Sudan o in altre aree - cariche di materie preziose - sconquassate dall'arrembaggio di egoismi fuori di ogni controllo. Siamo poco più che alla presa d'atto. L'avvio di un percorso nuovo sottolineato dal Presidente USA, Barack Obama, è tutto da verificare. Anch'io ho fiducia nel suo lavoro come 'primus inter pares' di livello globale. Sta imponendo un ritmo e spendendo credibilità assai importanti. Ne ho molto meno in quei governanti che hanno sottoscritto impegni anche precedentemente, poi non mantenuti.
Per molti aspetti credo di convenire con Fulvio Scaglione, che su AVVENIRE di oggi (12,07,09) approfondisce il problema. «La buona notizia? L’Africa torna tra i grandi della politica. La cattiva notizia? Non ci sono altre notizie. L’esito dei summit, anche di quelli meglio rius
citi, va sempre preso con saggezza. Ed è basilare distinguere ciò che potrà durare da ciò che, magari anche nel bene, è destinato a passare.» «Nella parte sub sahariana del continente, il 32% della popolazione (260 milioni di persone, dati Fao) soffre la fame, con un aumento dell’11,8% sul 2008. Molti degli affamati, e di certo i 'nuovi' affamati, pagano la corsa dei prezzi dei prodotti agricoli, innescata da speculazioni partite nei Paesi ricchi e poi aggravata da una crisi finanziaria tutta Occidentale. Mantenere o aiutare gli indigenti è ciò che passa, frenare i meccanismi speculativi che si scaricano sui più deboli è ciò che resta. Ben vengano, dunque, i miliardi del G8 ma ancor più l’intenzione di puntare meno sugli aiuti alimentari e più sull’agricoltura, affinché gli africani possano mantenersi da soli.» «Oggi, però, il bisogno primario del l’Africa è trovare un ancoraggio con il resto del mondo. Uscire dalla condizione di continente assistito e marginalizzato e inserire la propria voce nel coro globale, ascoltando e facendosi ascoltare. Sentirsi dire più spesso, come ha fatto ieri Barack O bama nel discorso al Parlamento del Ghana: «Considero l’Africa parte fondamentale del nostro mondo interconnesso ». Principio importante perché consente poi di ricordare agli africani la responsabilità che de­riva dalla capacità. Con il suo talento per i gesti simbolici, Obama ha reso omaggio alla democrazia ghanese, ma al Kenia delle radici paterne ha riservato il ricordo di uno status economico un tempo florido e poi dissipato. Senza falsi buonismi ha detto che «il futuro dell’Africa spetta agli africani» e che «lo sviluppo dipende dalla buona governance, ingrediente andato perso in troppi luoghi e troppo a lungo». «Non si tratta di quattrini ma di vite. E di sviluppo nel senso più ampio del termine: politico, culturale (fino a quando il 62% dei 161 milioni di adulti analfabeti africani dovrà essere donna?), economico, persino sanitario. Lo sviluppo che nasce dal contatto e dalla contaminazione con l’esperienza altrui.»

martedì 7 luglio 2009

• Benedetto XVI ha firmato la «Caritas in Veritate»

La mia prima impressione è quella che ho accolto, in prima battuta, su LA STAMPA.
«
Il Pontefice parla di etica nell'economia. «Non dobbiamo esserne vittime, ma protagonisti - esorta Benedetto XVI - procedendo con ragionevolezza, guidati dalla carità e dalla verità». Alla globalizzazione serve «un orientamento culturale personalista e comunitario, aperto alla trascendenza» capace di «correggerne le disfunzioni». C’è, aggiunge, «la possibilità di una grande ridistribuzione della ricchezza». Dunque, al bando il protezionismo e le forme di egoismo particolaristico. La sussidiarietà, spiega il Papa teologo , «è l’antidoto più efficace contro ogni forma di assistenzialismo paternalista» ed è adatta ad umanizzare la globalizzazione.» Forse avrei preferito che,nella comunicazione, fosse privilegiata la parola AMORE alla parola CARITAS. Nella lingua corrente potrebbe essere meglio compresa.
L'Agenzia S.I.R. Servizio Informazione Religiosa ha così presentato l'enciclica.
LA RADICE NELLA “POPULORUM PROGRESSIO” DI PAOLO VI - La Carità è la via maestra della Dottrina sociale della Chiesa e va compresa alla luce della Verità rappresentata dall’annuncio cristiano: è questo il pensiero-guida presente nell’ Introduzione della nuova enciclica presentata oggi in Vaticano, sul quale Papa Benedetto XVI ha scelto di costruire il titolo, “Caritas in Veritate” . L’attuale Enciclica si pone sulla scia della “Populorum Progressio” di Paolo VI, che viene definita «la Rerum Novarum dell’epoca contemporanea». La Chiesa, si dice ancora nell’introduzione, pur non avendo soluzioni tecniche per i problemi, intende sottolineare però che il vero progresso deve coniugare sviluppo tecnico e potenziale di amore, per vincere il male con il bene. Il primo capitolo, intitolato «Il messaggio della Populorum Progressio» (paragrafi 10-20), sottolinea come già Paolo VI nell’enciclica del 1967 abbia evidenziato che lo sviluppo è vocazione perché nasce da un appello trascendente e che lo sviluppo umano integrale suppone la libertà responsabile della persona e dei popoli. Il sottosviluppo nasce dalla mancanza di fraternità e la società globalizzata ci rende più vicini ma non ci rende fratelli. Il secondo capitolo, intitolato «Lo sviluppo umano nel nostro tempo», si apre notando che Paolo VI aveva una visione articolata dello sviluppo, termine con cui intendeva l’obiettivo di far uscire i popoli da fame, miseria, malattie endemiche, analfabetismo. A tanti anni di distan
za vediamo l’emergere di problemi nuovi quali: globalizzazione, un’attività finanziaria mal utilizzata e per lo più speculativa, forti flussi migratori, sfruttamento sregolato delle risorse della terra. Cresce la ricchezza mondiale in termini assoluti ma aumentano le disparità; gli aiuti internazionali sono spesso distolti dalle loro finalità; sono presenti corruzione ed illegalità; c’è un utilizzo troppo rigido del diritto di proprietà intellettuale specie nel campo sanitario. Così rimangono vaste sacche di povertà e nazioni dove i diritti non sono rispettati. Nel terzo capitolo, intitolato «Fraternità, sviluppo economico e società civile», si ribadisce che rimangono importanti la giustizia distributiva e quella sociale come criteri regolativi dell’economia. Servono leggi giuste, forme di ridistribuzione guidate dalla politica, opere fondate sullo spirito del “dono”. Tra l’altro si nota che oggi cresce una classe cosmopolita di manager che si fissa da sé i compensi e risponde solo agli azionisti mentre investire e produrre hanno sempre un significato morale. Il quarto capitolo, intitolato «Sviluppo dei popoli, diritti e doveri, ambiente» rileva che non si possono svincolare i diritti individuali da una visione complessiva di diritti e doveri. Ad esempio nel campo demografico, la Chiesa ribadisce che la crescita demografica non è la causa prima del sottosviluppo e l’apertura alla vita è una ricchezza sociale. Si parla quindi di finanza etica, di tutela dell’ambiente, di uso responsabile delle risorse energetiche, di diritto alla vita e alla morte naturale. Il quinto capitolo, intitolato «La collaborazione della famiglia umana» ribadisce che lo sviluppo dei popoli dipende dal riconoscimento di essere una sola famiglia. Si parla di libertà religiosa, dialogo tra credenti e non credenti, ruolo della cooperazione internazionale per lo sviluppo. Il sesto capitolo, intitolato «Lo sviluppo dei popoli e la tecnica», nota come la tecnica possa prendere il sopravvento quando efficienza ed utilità diventano unico criterio della verità. Il Papa parla qui della “questione antropologica”, citando la manipolazione della vita, l’aborto, la pianificazione eugenetica delle nascite, l’eutanasia, tutte pratiche che alimentano una concezione materiale e meccanicistica della vita umana. Nella conclusione si ribadisce che la disponibilità verso Dio apre alla disponibilità verso i fratelli. L’umanesimo che esclude Dio è disumano.

(testo integrale in .pdf: clicca qui)

• "Scendi dal sicomoro"

«Entrò nella città di Gerico e la stava attraversando, quand'ecco un uomo, di nome Zaccheo, capo dei pubblicani e ricco, cercava di vedere chi era Gesù, ma non gli riusciva a causa della folla, perché era piccolo di statura. Allora corse avanti e, per riuscire a vederlo, salì su un sicomoro, perché doveva passare di là. Quando giunse sul luogo, Gesù alzò lo sguardo e gli disse: “Zaccheo, scendi subito, perché oggi devo fermarmi a casa tua”. Scese in fretta e lo accolse pieno di gioia. Vedendo ciò, tutti mormoravano: “È entrato in casa di un peccatore!” Ma Zaccheo, alzatosi, disse al Signore: “Ecco, Signore, io do la metà di ciò che possiedo ai poveri e. se ho rubato a qualcuno, restituisco quattro volte tanto”.
Gesù gli rispose: “Oggi per questa casa è venuta la salvezza, perché anch’egli è figlio di Abramo. Il Figlio dell’uomo infatti è venuto a cercare e a salvare ciò che era perduto”. (
Dal Vangelo secondo Luca 19,1-10)
Anche il Presidente del Consiglio (ma che dico ‘il premier’!) del nostro Paese è un uomo basso di statura e molto ricco; altri che non sono bassi - ma sono altrettanto ricchi, o quasi, ed in grado di gestire il pubblico potere ma ......

UN PREMIER COME ZACCHEO di Tonio dell'olio

PREGHIERA

"A tutti i cercatori del tuo volto/mostrati, Signore;/a tutti i pellegrini dell’assoluto,/vieni incontro, Signore;/con quanti si mettono in cammino/e non sanno dove andare/cammina Signore;/affiancati e cammina con tutti i disperati/sulle strade di Emmaus;/e non offenderti se essi non sanno/che sei tu ad andare con loro,/tu che li rendi inquieti/e incendi i loro cuori;/non sanno che ti portano dentro:/con loro fermati poiché si fa sera/e la notte e buia e lunga, Signore". (D.M.TUROLDO, I salmi , Paoline, Cinisello Balsamo, 1987)

domenica 5 luglio 2009

• Servono impegno e solidarietà contro la povertà

La lettera di Benedetto XVI a tutti coloro che parteciperanno al prossimo G8 è un importante richiamo a tutti della necessità di coerenza tra ciò che si afferma e ciò che si fa, tra gli impegni assunti nel tempo e quello che si è fatto per farvi fronte; del rifiuto dell'opportunismo occasionale. La situazione globale è sempre più critica. Una organica risposta alla sopravvivenza ed alle inevitabili osmosi migratorie (quasi sempre dettate dalla fame e dalla ingiustizia) urge con sempre maggior forza. Molte norme 'poliziesche' per porvi tampone contingente hanno sempre di più il sapore di 'gride' seicentesche, tanto urlate quanto incapaci di far fronte al problema.
Lettera di Benedetto XVI al Presidente del Consiglio italiano, Silvio Berlusconi, in vista del Vertice de L'Aquila CITTA' DEL VATICANO, domenica, 5 luglio 2009 (ZENIT.org).- La crisi economica non deve far venire meno l'aiuto ai Paesi in via di sviluppo e l'impegno per eliminare la povertà estrema nel mondo. E’ quanto scrive Benedetto XVI in una lettera indirizzata al Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, in vista del prossimo G8 dei capi di Stato e di governo del Gruppo dei Paesi più industrializzati, che si svolgerà sotto la presidenza italiana a L’Aquila dall’8 al 10 luglio prossimi. Nel testo, il Papa affronta le sfide poste dalla crisi globale ed esorta i leader politici mondiali a “convertire il modello di sviluppo globale” ai valori della solidarietà e della “carità nella verità”: tema al centro della nuova Enciclica papale che sarà pubblicata martedì prossimo, 7 luglio, proprio alla vigilia del Vertice de L'Aquila. Nel passato recente - afferma il Santo Padre - la maggioranza dei Paesi meno sviluppati ha potuto godere di un periodo di straordinaria crescita che ha consentito a molti di questi Stati di sperare nel conseguimento di uno degli obiettivi fissati dalla comunità internazionale alla soglia del terzo millennio, quello cioè di sradicare la povertà estrema e la fame. Tra gli Obiettivi di Sviluppo del Millennio delle Nazioni Unite che tutti i 191 stati membri dell'ONU si sono impegnati a raggiungere per l'anno 2015 c'è infatti quello di ridurre della metà la percentuale di popolazione che vive con meno di un dollaro al giorno. “Purtroppo - osserva poi il Papa - la crisi finanziaria ed econo mica, che investe l’intero Pianeta dall’inizio del 2008, ha mutato il panorama, cosicché è reale il rischio non solo che si spengano le speranze di uscire dalla povertà estrema, ma che anzi cadano nella miseria pure popolazioni finora beneficiarie di un minimo benessere materiale”. L’attuale crisi economica mondiale – continua la lettera - comporta la minaccia della cancellazione o della drastica riduzione dei piani di aiuto internazionale, specialmente in favore dell’Africa e degli altri Paesi economicamente meno sviluppati. Per questo, il Papa lancia un appello agli Stati membri del G8, agli altri Paesi rappresentati e ai Governi del mondo intero, affinché “l’aiuto allo sviluppo, soprattutto quello rivolto a valorizzare la risorsa umana, sia mantenuto e potenziato, non solo nonostante la crisi, ma proprio perché di essa è una delle principali vie di soluzione”. In particolare Benedetto XVI raccomanda di valutare “l'efficacia tecnica dei provvedimenti da adottare per uscire dalla crisi” alla luce della loro “valenza etica”. Per questo invita in modo particolare ad assicurare a tutti un posto di lavoro, a dar vita a un equo sistema commerciale e a “riformare l'architettura finanziaria internazionale”, evitando fenomeni speculativi e garantendo disponibilità di credito pubblico e privato “al servizio della produzione e del lavoro” soprattutto nei Paesi più disagiati. Infine, sottolinea il Papa, “la legittimazione etica degli impegni politici esigerà che essi siano confrontati con il pensiero e le necessità di tutta la comunità internazionale”, in particolare attraverso il collegamento con l'Assemblea delle Nazioni Unite, dove “ogni nazione, quale che sia il suo peso politico ed economico, può legittimament e esprimersi in una situazione di uguaglianza con le altre”