martedì 28 aprile 2009

• Crisi ed economia: "Guardare al futuro" e ai giovani

Leggo sull'agenzia S.I.R. Servizio Informazione Religiosa di oggi, martedi 28 Aprile. “La crisi attuale va affrontata con competenza, ma anche con una grande consapevolezza etica, creata e svegliata da una coscienza formata dal Vangelo. Occorre una denuncia ragionata degli errori, non con grandi moralismi, ma con ragioni concrete che si fanno comprensibili nel mondo dell'economia di oggi ma occorre anche mostrare le strade per uscire dalla crisi. E farlo nel modo che la Chiesa c’insegna: come cristiani siamo chiamati ad essere certamente e inesorabilmente uomini di speranza”. È quanto ha affermato mons. Michele Pennisi, vescovo di Piazza Armerina, nel suo intervento agli “stati generali” delle Acli di Sicilia in corso di svolgimento a Palermo. Il vescovo, che è membro del Comitato scientifico delle Settimane Sociali dei cattolici, ha parlato di “crisi sociale ed economica. Una direzione da invertire, una nuova rotta da seguire”, sottolineando che “la crisi attuale deve costituire una sfida per ridefinire un nuovo progetto di sviluppo che metta al centro il capitale umano sostituendo agli «spiriti animali» che rischiano di trasformare la società in una giungla dove domina la legge del più forte, gli «spiriti umanitari», dove lo sviluppo si costruisce a partire dagli ultimi”. Secondo il vescovo, “la crisi è stata provocata perché si è preferito basare l’economia sulla sabbia di una finanza drogata piuttosto che sulla roccia di principi etici”. “Nel cambiare l’attuale situazione”, ha sottolineato mons. Pennisi, è necessaria una “conversione dei cuori” perché “la giustizia si realizza solo se ci sono i giusti. E i giusti non ci sono se non c'è il lavoro umile, quotidiano, di convertire i cuori”. Nella sua riflessione su “crisi sociale ed economica”, il vescovo ha parlato anche della necessità d’investire sulla solidarietà che “paga anche in termini concreti. Si tratta di un progetto coraggioso e complesso. Non produrrà subito i risultati sperati e molti saranno gli ostacoli. Ma è un progetto fattibile usando anche la finanza, che potrebbe così recuperare il suo vero senso. In questo processo di una politica economica che si basi sui principi della dottrina sociale della Chiesa e porti ad un nuovo modello di sviluppo integrale deve essere coinvolto il Mezzogiorno e la Sicilia con un nuovo protagonismo”. Un appello, infine, a “guardare al futuro e, quindi, alle nuove generazioni, ricordando però che le persone non sono macchine da lavoro e che la loro produttività non dipende soltanto dal saper fare ma anche e primariamente dalle motivazioni e dalla comprensione dei traguardi a cui mira l'azione che si compie”.

sabato 25 aprile 2009

• Crisi economica e mercato

«Non c’è dubbio, questa crisi finanziaria ed economica ci interpella in profondità e mentre ci fa sentire più vulnerabili, sollecita anche la nostra responsabilità. Tutti sentiamo che è molto più che una crisi economica e che richiede un cambiamento di rotta, ma i cambiamenti di rotta comportano sempre ben più delle semplici politiche economiche. Anche il Santo Padre Benedetto XVI si è lasciato interpellare dalla crisi economica, su cui è intervenuto spesso.» Come segnala l’agenzia ZENIT.org del 25 aprile, così ha iniziato il suo intervento mons. Giampaolo Crepaldi, Segretario del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace nel testo della lezione tenuta il 16 aprile presso la sede del Gruppo Cooperativo Paritetico Cercate a Verona, sul tema “Crisi e mercato: le indicazioni della dottrina sociale della Chiesa”.

giovedì 23 aprile 2009

• Non servono "grida" di manzoniana memoria!

Come in ogni momento di particolare incertezza e di carenza progettuale, ci si esalta cercando norme sempre più cogenti e ricche di dettagli per ‘reprimere’ ed ìisolare'.
L'Arcivescovo Silvano M. Tomasi, Nunzio Apostolico e Osservatore Permanente della Santa Sede presso le Nazioni Unite e altre Organizzazioni Internazionali, intervenendo a Ginevra alla Conferenza sul Razzismo, come riferisce Roberta Sciamplicotti di Zenit.org., afferma che "Senza un cambiamento di cuore le leggi non sono efficaci". Attraversiamo uno di quei momenti.
«La delegazione vaticana, ha spiegato, "condivide l'aspirazione della comunità internazionale al superamento di tutte le forme di razzismo, discriminazione razziale e xenofobia, nella consapevolezza che tutti gli esseri umani na
scono liberi e uguali in dignità e diritti e sono uniti in un'unica famiglia umana". Una comunità internazionale giusta, ha sottolineato il presule, si sviluppa in modo adeguato "quando il desiderio naturale delle persone umane di relazionarsi non viene distorto dal pregiudizio, dalla paura degli altri o dagli interessi egoisti che minano il bene comune". Intanto nel nostro Paese si cercano norme sempre più rigide ed incapaci di favorire integrazione fra diversi (per lingua e culture).
«Il razzismo, infatti, "persiste": "gli stranieri e i 'diversi' sono troppo spesso rifiutati al punt
o che vengono commessi contro di loro atti barbari, inclusi il genocidio e la pulizia etnica. Antiche forme di sfruttamento danno vita a nuove: donne e bambini sono oggetti di traffico in una forma contemporanea di schiavitù, gli immigrati irregolari vengono sfruttati, le persone percepite come diverse o che lo sono diventano, in numeri sproporzionati, vittime dell'esclusione sociale e politica, di ghettizzazione e stereotipizzazione. Le ragazze sono costrette a matrimoni non voluti; i cristiani sono imprigionati o uccisi a causa del loro credo".» «"La mancanza di solidarietà, una maggiore frammentazione delle relazioni sociali nelle nostre società multiculturali, il razzismo e la xenofobia, la discriminazione sociale e razziale, soprattutto nei confronti delle minoranze e dei gruppi emarginati, lo sfruttamento politico delle differenze sono evidenti nella vita di ogni giorno".»

mercoledì 22 aprile 2009

• Avidità. Radice dell'attuale crisi economica

CITTA' DEL VATICANO, mercoledì, 22 aprile 2009 (ZENIT.org).- Alla radice della crisi economica mondiale vi è la cupidigia. E' quanto ha detto Bendetto XVI questo mercoledì, all'Udienza generale, riflettendo su un antico e quasi sconosciuto maestro di spiritualità, Ambrogio Autperto, vissuto nell’VIII sec. alla corte di Carlo Magno e poi divenuto abate.
Nel tradizionale appuntamento settimanale, il Papa ha sottolineato che la lotta dei cristiani contro le forze del male parte dal di dentro ed è sostanzialmente una lotta contro la cupidigia, “radice di tutti i vizi” e che in particolare nella crisi attuale sono evidenti i segni di “un’avidità di guadagno” di pochi ricchi e potenti a danno di molti. ......... All’animo umano tentato dall’avidità, questo monaco morto, forse ucciso, nel 784 e caduto nel’oblio per secoli, opponeva “il disprezzo del mondo”. “Questo disprezzo del mondo non è un disprezzo del creato, della bellezza e della bontà della creazione e del Creatore, ma un disprezzo della falsa visione del mondo presentataci e insinuataci proprio dalla cupidigia
”, ha precisato Benedetto XVI. “Autperto – ha affermato il Papa – osserva poi che l’avidità di guadagno dei ricchi e dei potenti nella società del suo tempo esiste anche nell’interno delle anime dei monaci e (…) denuncia fin dall’inizio la cupidigia come la radice di tutti i mali”. Un “rilievo, questo – ha commentato –, che alla luce della presente crisi economica mondiale, rivela tutta la sua attualità”.
“Egli vede chiaramente che i modi di vivere sono molto diversi – ha proseguito Benedetto XVI –. Ma anche per l’uomo in questo mondo, anche per il ricco vale il dovere di combattere contro la cupidigia, contro la voglia di possedere, di apparire, contro il concetto falso di libertà come facoltà di disporre di tutto secondo il proprio arbitrio”.
Perché, ha aggiunto, “anche il ricco deve trovare l’autentica strada della verità, dell’amore e così della retta vita”. “Quindi Autperto – ha poi concluso il Papa –, da prudente pastore d’anime, sa poi dire, alla fine della sua predica penitenziale, una parola di conforto: 'Ho parlato non contro gli avidi, ma contro l’avidità, non contro la natura, ma contro il vizio'”.

giovedì 16 aprile 2009

• Il personalismo? Non è individualismo

Nello spazio "cultura" di AVVENIRE di oggi 16 aprile, Giorgio Campanini propone una riflessione che credo assai importante e sulla quale riprendere il percorso sottolineato anche nella recente SETTIMANA SOCIALE di Pistoia/Pisa. Ne inserisco il primo paragrafo, invitando ad una attenta lettura dell'intero testo. Lo consente il link sottostante.

"Da qualche tempo a questa parte è in atto un inquie­tante processo di trasfor­mazione (o, piuttosto, di deforma­zione) del concetto di persona. Nato nei primi decenni del Nove­cento per reagire all’individuali­smo borghese (e a un’etica, quella kantiana, incentrata esclusiva­mente sul soggetto) il personali­smo si è sempre connotato, al di là dell’estrema varietà dei suoi per­corsi interni, per l’accentuazione della dimensione relazionale del­l’io: non a caso, del resto, una del­le sue più importanti ed incisive espressioni storiche è stata quella del personalismo comunitario (di Emmanuel Mounier, e non solo)."

domenica 12 aprile 2009

• Sant'Antimo. Una sosta pasquale.

STRADA E FEDE, il triduo della Settimana Santa degli scout AGESCI. Venerdì Santo. Siamo arrivati al Centro scout di Sant’Antimo. Due amici (uno di essi è alla guida e ci ospita in auto) ed io procediamo verso la case che precedono l’ultimo tratto per l’Abbazia. Davanti ai nostri occhi un'area vasta nella quale il verde tenero della prima primavera svetta. Ti svecchia, rinvigorisce. Ridimensiona le tue esperienze e le tue tensioni. Quei giovani in divisa col fazzolettone arrotolato intorno al collo (la promessa). Il loro ciacolare - allegro e dirompente - si immerge in quel verde, in quei sassi che ne fissano il limite, in quelle colline che si rincorrono laggiù in fondo. Ti riportano alla tua camicia verde ed alla tua ‘promessa’ amaranto. Non per nostalgia o rimpianto di momenti irripetibili, ma per rileggere la tua permanente voglia di dare, senza porti problemi e cercando di non porne.
«Ho tanto desiderato mangiare questa Pasqua con voi prima della mia passione» [Luca 22,15] . Queste parole di Gesù di Nazareth sono la sottolineatura dei frati scout francesi che ci hanno ridato l’Abbazia. Entrandoci ti viene voglia di pregare e di ascoltare i lievi canti comunitari di lode ed
invocazione, di ricordo della Passione che ci ha recuperato alla vita.
Ci ambientiamo, in attesa del ritorno dei gruppi scout che meditano sulla Via Crucis per percorsi segnati da sassi color ocra (nelle loro varie tonalità), che si snodano tra ciuffi e prati di erba appena nata, cespugli carichi di piccole e piccolissime gemme, alberi coi primo ‘butto’. Le voci dei 20-30enni in cammino giungono in qualche momento ovattate. Per darti un atteggiamento chiedi notizie su dove ti dovrai collocare o dovranno farlo gli amici coi quali sei venuto. Guardi il cartello col numero del tuo gruppo, la tua ‘bottega’ e domandi quanti hanno scelto il tema per il quale sei stato chiamato: “Servire in politica, oggi”. Sei scettico: in molti sostengono che i ‘giovani’ non sono interessati al tema, sono disamorati - come si usa dire. Ma ho fiducia, lo scout - maschio o femmina - da un secolo è su un percorso di formazione e crescita che cerca di non farlo colpire dall’isolamento, dal solipsismo. È per lui più possibile essere ‘persona’ perché la relazione con gli altri non è una scelta occasionale ma una disponibilità permanente.
“Quanti hanno aderito finora alla bottega che mi è stata assegnata?”, domando a Brunella, seduta presso la tenda di accoglienza. “È tra quelle per le quali non si accettano più prenotazioni. Gli aderenti sono già al massimo funzionale, circa 30! In tutto il campo siamo circa 700.” Quale che sia il motivo che ha stimolato, nella sostanza ho davanti la conferma che ‘la libertà non è star sopra una albero, libertà è partecipazione’ - come
ci ha ricordato Gaber negli anni ‘70-80.
Arrivano ‘i miei’. Li conto: sono ben 38. Uomini e donne, persone che dovevo far parlare perché si rendessero conto la vita nella Polis non può prescindere da fini condivisi da perseguire con strumenti (che di per sé non sono né buoni né cattivi); strumenti che bisogna imparare a conoscere ed usare al meglio. Fini e strumenti che devono consentire a persone diverse - per cultura e conoscenze - di essere Comunità. Comunità che prevede dei ‘primi’ operanti non al di sopra di ‘numeri’ in attesa di fare da ‘ricambio’, ma con essi; che non prevede “unti” o “incoronati” ma persone disponibili a ‘servire’ al meglio loro possibile, consapevoli di essere humus nel quale far alimentare e crescere la propria vita e quella di chi con loro convive, avendo ben chiaro che uomini, animali e piante non possono fare a meno l’uno dell’altro. Fini e strumenti che esaltano l’essere cristiani e raddoppiano - come tali - la responsabilità e l’impegno. I tempi disponibili per dipanare i temi della ‘bottega’ affidatami sono molto stretti, soprattutto perché vorrei che le persone che si sono affidate ad uno sconosciuto - a me - parlino e comprendano la loro unità di fondo, la loro capacità e possibilità di impegno unitario, tornando agli impegni quotidiani nelle loro case ed ambienti a Nord, al Centro ed al Sud.
Chissà se ce l’ho fatta ad offrire la mia memoria, le mie esperienze e le mie conoscenze, a trasmettere loro la voglia, la carica dirompente che sento dentro. Se pensassi di avercela fatta, sarei un gran presuntuoso. Sarebbe già molto se mi avessero guardato e considerato come uno dei loro, solo più vecchio (o più ‘anziano’, come pudicamente talvolta si dice!). Una cosa è certa: nel loro parlare, gestire e relazionare mi hanno dato moltissimo e non posso che ringraziarli, senza riserve.
I due amici coi quali ero giunto a Sant’Antimo erano anche loro reduci da due ‘botteghe’ assai importanti: la relazione con la povertà e la convivenza con la globalizzazione. Due persone veramente notevoli. Due medici interessati ed impegnati nell’offrire loro stessi e la loro professionalità anche tra i più diseredati nel mondo. Nelle oltre tre ore di auto vissuti insieme - con semplicità, entusiasmo e competenza - mi hanno dato molto. moltissimo. Una giornata indimenticabile.
Sono arrivato a casa. Il TG mostrava le immagini dei funerali di Stato delle vittime del terremoto abruzzese (o della superficialità e presunzione o dell’ingordigia?). C’è ancora tanto da fare! Quei ragazzi e quelle ragazze che ho incontrato a Sant’Antimo li ho ancora negli occhi e negli affetti. Forse rivedo in loro i miei figli e le loro famiglie.

domenica 5 aprile 2009

venerdì 3 aprile 2009

• «Cercavo la felicità nelle luci del palco»

REPUBBLICA - 3 aprile 2009 - scritto da Orazio La Rocca
La confessione di suor Anna Nobili, ex cubista nei locali di Milano
"Cercavo la felicità nelle luci del palco, poi Dio ha messo una scintilla nel mio cuore
"A lungo ho svenduto il mio corpo adesso ballo solo per il Signore"
Nel 2008 ha preso i voti perpetui a Palestrina dopo un cammino di ripensamenti
"La redenzione e la purificazione sono un dono a disposizione di tutti"
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"Prima danzavo per uomini che volevano solo il mio corpo. Stavo gettando via la mia vita nei locali più trasgressivi come il Celebrity di Milano tra esibizioni sui cubi, lap dance, sesso senza amore, cercato come una droga. Ora la mia vita è cambiata, sono come rinata, ma non ho smesso di danzare perché danzo per Dio e i miei passi, le mie coreografie, sono tutte dedicate a Lui". Confessione a cuore aperto di suor Anna Nobili, la religiosa trafitta da una "folgorazione sulla via della danza", quasi come una novella figlia di San Paolo, che sarà la protagonista nella Basilica di Santa Croce in Gerusalemme della serata evento dedicata al libro sulla "Bibbia giorno e notte", tratto dalla lettura integrale trasmessa da RaiUno.