mercoledì 12 agosto 2009

• Religione: insegnamento di serie A o serie B ? Arcaismi e laicità.


Sul quotidiano LA REPUBBLICA, dell’11 agosto leggo che: «I docenti di religione cattolica non possono partecipare "a pieno titolo" agli scrutini ed il loro insegnamento non può avere effetti sulla determinazione del credito scolastico: a stabilirlo è il Tar del lazio, che con la sentenza n. 7076 ha accolto i ricorsi presentati, a partire dal 2007, da alcuni studenti, supportati da diverse associazioni laiche e confessioni religiose non cattoliche, che chiedevano l'annullamento delle ordinanze ministeriali firmate dall'ex ministro Giuseppe Fioroni e adottate durante gli esami di Stato del 2007 e 2008.»

Osservo che si tratta di una sentenza (che sia valida giuridicamente, o meno) che non può che lasciare perplessi. La laicità è una cosa seria, non una forzatura giuridica. Di fatto la sentenza afferma che: la religione è un optional formativo e che in nome della non discriminazione dei pochi si discriminano i molti. Cascami di una cultura fondamentalista dell’individualismo che sta minando le basi etiche della convivenza civile. E se ne vedono ogni giorno i risultati. Il dialogo ‘positivo’ tra diversi può far trovare il percorso giusto. Risollevare, oggi come ieri, antichi steccati ottocenteschi, degli uni e degli altri, non serve a nessuno.

Sono confortato in questa opinione dalla presa di posizione di mons. Coletti, oggi vescovo di Como e Sondrio nonché presidente della Commissione episcopale per l’educazione cattolica. Leggo, infatti: « Si tratta di una decisione che danneggia la laicità ed è sintomo del "più bieco illuminismo che vuole la cancellazione di tutte le identità".» Monsignor Coletti «ha definito la sentenza particolarmente pretestuosa e ha riaffermato che l'insegnamento della religione cattolica è parte integrante della conoscenza della cultura italiana, e in questo senso va inteso nel sistema scolastico italiano, non come percorso confessionale individuale. "Non si tratta di un insegnamento che va a sostenere scelte religiose individuali: ma di una componente importante di conoscenza della cultura di questo Paese, con buona pace degli irriducibili laicisti e purtroppo dobbiamo dire con buona pace anche dei nostri fratelli nella fede di altre confessioni cristiane".»

sabato 8 agosto 2009

• I silenzi sul martirio dei cristiani dei nostri giorni


Quanto segue è stato scritto da Lorenzo Mondo su LA STAMPA di questi giorni. Nella sua semplicità e scarna aderenza ai fatti fa rivivere la drammaticità degli eventi. Come cristiano e come cittadino lo ringrazio per quanto riportato in primo piano in un momento in cui troppi danno sfogo al loro fondamentalismo laicista oppure sorridono su 'escort' (sottile eufemismo!), vizi privati neanche accompagnati da pubbliche virtù, sopraffazioni varie e per la iconoclastia dei primi cinquant'anni della nostra Repubblica (dalla quale tanto abbiamo da imparare in termini di laicità).

Il pezzo "Cristiani da massacro":

«E’ uno stillicidio di notizie sui cristiani perseguitati e massacrati in varie nazioni, dietro la spinta di un fondamentalismo religioso che cerca alibi in motivazioni politiche e larvata tolleranza nei governanti. In India un tribunale ha appena assolto il gruppo di fanatici che ha provocato la morte di 120 persone appartenenti alla comunità cristiana dell’Orissa. E’ accaduto in quella che viene considerata la più grande democrazia del mondo, dove aleggia, in reverente ricordo, la figura di madre Teresa di Calcutta. Ma è soprattutto nei paesi musulmani che si consuma la strage. In Pakistan una torma di estremisti islamici ha provocato la morte di una decina di persone, arse vive nell’incendio delle loro abitazioni. Recentemente a Baghdad e Mosul, terra irakena, nove chiese sono state distrutte, con quattro morti e decine di feriti, fomentando l’esodo della popolazione che nei pochi anni della «pax americana» ha perduto un terzo dei suoi componenti. Una situazione particolarmente dolorosa, perché in Medio Oriente vivono gli eredi della più antica cristianità, che si potrebbe dire «contemporanea» di Cristo.

Sono gli esempi più immediati e vistosi di una persecuzione che si allarga dall’Indonesia alla Nigeria e che non risparmia, in restrizioni e molestie, neanche i paesi islamici che passano per moderati. Basti ricordare che in Arabia Saudita il solo possesso di un crocifisso è passibile di morte. Si comprende come il Vaticano agisca con prudenza per non esasperare la situazione e mettere a più duro repentaglio i fedeli. Non si giustifica invece il silenzio assordante delle autorità religiose dell’Islam, così sollecite a pronunciare condanne di morte, a mobilitare le masse per qualche libro o vignetta irrispettosi di Maometto e del Corano. Ma soprattutto indignano, suscitano vergogna, la disattenzione e il tiepido risentimento dell’Europa che, pur obliosa delle sue radici cristiane, non dovrebbe tollerare l’aggressione e la cancellazione di «quelle» minoranze. Quanto a noi, appare sconfortante che il martirologio cristiano non susciti una passione maggiore dei discorsi, pur legittimi, sull’opportunità di aprire moschee nelle nostre città. Detto sommessamente, c’è anche altro su cui interloquire.»