giovedì 1 ottobre 2009

• Cattolici: occorre una nuova stagione di autonomia e la conferma del rifiuto dell'isolamento.


In relazione al doloroso caso Boffo, Gianfranco Brunelli, nel suo editoriale per IL REGNO nota con lucidità che lo scontro tra la Cei e Berlusconi ha segnato la fine di una linea politica che aveva pesantemente portato a forme di subalternità della Cei e,di fatto, il disconoscimento dei cattolici democratici da parte delle gerarchie ecclesiastiche. Una stagione nuova, anzi antica, s’avvia nel rapporto tra Chiesa e politica in Italia.

L’attacco del direttore de IL GIORNALE, Feltri, al direttore di Avvenire «è stato portato nell’ambito della controffensiva berlusconiana avviata da Il Giornale sul tema dei “falsi moralisti-moralizzatori”, per rispondere al cosiddetto sexgate che ha coinvolto il premier. Appena nominato direttore, Feltri ha attaccato dapprima Gianni Agnelli e la Fiat, poi De Benedetti-Repubblica, quindi Boffo-Avvenire, e da ultimo Fini. Il colpo a Boffo, come ha evidenziato l’ex segretario della CEI, mons. Giuseppe Betori, ha avuto il significato di un avvertimento ai vescovi italiani, affinché restassero fuori dagli attacchi a Berlusconi.» La testa dell’agnello mozzata sulla porta d’ingresso del luogo del potere inviso. «Come si è compreso in corso d’opera, l’avvertimento berlusconiano del Giornale, metteva in discussione anche le precedenti garanzie legislative su scuola privata e biotestamento offerte dal governo alla CEI. La campagna politico-giornalistica contro i «falsi moralizzatori», oltre a essere un avviso politico-finanziario agli interessati, mirava e mira a stabilire presso l’opinione pubblica un principio di fatto: la generalità del comportamento immorale. Nessuno ha le carte in regola per fare la morale a Berlusconi. Siccome nessuno è senza peccato, nessuno è autorizzato a stigmatizzare moralmente Berlusconi, o a cercare d’indebolirlo politicamente a partire dalle sue abitudini private. Non sul piano della morale pubblica, se il mitico Agnelli o il candido direttore di Repubblica sono, secondo Il Giornale, pesanti evasori fiscalI; non sul piano della morale personale, se il direttore del giornale dei vescovi è stato condannato

dal tribunale di Terni per un caso di molestie telefoniche.»

È urgente una nuova stagione di autonomia per il laicato cattolico, Sul quotidiano EUROPA Massimo Faggioli si chiede: « cosa hanno in mente i cattolici italiani per l’apertura di una nuova stagione?» «La gerarchia cattolica italiana «ha sperimentato in modo traumatico, col “caso Avvenire”, il passaggio dal matrimonio di convenienza, alla cattività berlusconiana, alla necessità di una nuova libertà.

Infatti, il messaggio trasversale lanciato da Berlusconi alla chiesa italiana è la prova che, nella cultura politica delle “nuove destre” populiste e individualiste, la chiesa cattolica rischia di far la fine di una lobby, la cui influenza è legata alla convergenza di interessi e non alla capacità di parlare alle coscienze.» Non sono i concordati a garantire la libertà della chiesa e la vitalità della fede. È chiaro che nell’Europa multireligiosa e multiculturale del secolo XXI, comporta enormi sfide culturali e politiche. «Il teologo americano H. Richard Niebuhr ricordava, nell’ormai classico Christ and Culture (1951): “Nel nostro tempo presente prendiamo decisioni sulla base della libertà e della fede. Prendiamo decisioni sulla base della libertà perché dobbiamo decidere. Non siamo liberi di non decidere”.» Ancora una volta si prende atto - da parte della gerarchia e della cultura cattolica - della tendenza alla permanente insoddisfazione verso chi gestisce concretamente il potere civile . Aggiunge Faggioli: «Il momento attuale richiede una ripresa di responsabilità da parte del laicato cattolico: responsabilità che gli è teologicamente propria, politicamente dovuta, e non concessa per buona condotta.» «Una delle maggiori tentazioni per i cattolici italiani sarebbe quella di rifugiarsi in una sorta di agnosticismo: sia nei confronti della politica, sia sul versante dei rapporti tra chiesa e politica. Un agnosticismo che è solo un’altra versione – non meno pericolosa – del populismo dell’anti-politica.»

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