
Ormai ce lo aspettavamo, Mons. Ablondi, don Alberto, aveva fatto da tempo le valige e ci stava salutando.
È il momento di riflessioni e verifiche. È il momento dei ricordi, del recupero delle condivisioni.
Quanto amore in quegli sguardi ed in quegli atti; quanta testimonianza evangelica nei piccoli e nei grandi momenti; quanta curiosità e voglia di conoscere e capire! Fu la prima impressione quando in fondo al corridoio del primo piano, in curia, guardò quel gruppetto di fucini che, accompagnati dal suo segretario, stavano muovendosi per un incontro con mons. Guano, già ammalato.
Erano gli anni ‘70 ed ero segretario generale della Cisl livornese. Quella impressione si rafforzò quando venne nel mio ufficio don Munaro per organizzare un incontro di Lui con ciascuna delle organizzazioni sindacali confederali dei lavoratori presso le loro sedi e quando (guardando qualche giorno dopo le fotografie dell’incontro con la Cgil) una risata piena investì la foto del buon Sergio Manetti, segretario della stessa: sembrava che baciasse la mano di Ablondi! Dilagò nella commozione con la quale mi disse che suo padre si chiamava come me: Ettore e che era tra i primi cislini di Sanremo.
Un legame - di stima ed amicizia - molto forte e che si rinforzò ancora di più - se possibile - via via che la presenza di don Vincenzo (anni dopo vescovo di Belluno-Feltre) assumeva un ruolo diocesano e che don Corretti e Padre Piva facevano vivere il gruppo della pastorale sociale e del lavoro.
Un legame che trovò nel momento della partecipazione al convegno di Palermo della Chiesa italiana un passaggio altissimo. Vedo ancora la curva dello stadio - durante l’assemblea finale dei partecipanti - con lo striscione ALBERTO - MAI DIRE ORMAI innalzato dai giovani palermitani nel ricordo dell’incontro anche con Lui nelle sere precedenti. Lo vedo ancora alzarsi in piena Assemblea per condurre deciso davanti al Pontefice la delegazione degli ospiti cristiani, non cattolici. Lo vedo ancora mangiare con don Vincenzo e tutti noi l’uva che ci era stata donata da alcuni raccoglitori. Lo vedo che, facendo l’occhiolino di complicità, entrava col nostro gruppetto per mangiare dolcetti in una pasticceria locale o si congratulava per alcuni interventi che avevamo fatto nelle Assemblee tematiche.
Emblema di una Chiesa ‘viva’.
Stop! Riemerge il nodo alla gola.
Non mi vergogno. Altre riflessioni in altri momenti!
Ciao, monsignore! Continua a darci una mano.
• Il mio "bravo e grazie" ad Alberto Ablondi: [http://www.luigiaccattoli.it/blog/?p=5201]